....e poi l'infinito tunnel, per sbucare finalmente alla luce, e sentirsi un pò "liberati", come tornare alla vita, senza nemmeno averla mai abbandonata, perchè probabilmente passava proprio di lì. O meglio, come entrare in una realtà parallela.
"Dillà" la musica cambia, e poi il sole, come sempre, cambia la prospettiva di ogni cosa. La diga, e i resti del paese laggiù in fondo al lago, che in parte affiorano ora, con il lago tanti e tanti metri, diverse decine, sotto la soglia massima. Case, o quelle che ne resta, file di mattoni a forma di case. E sopra questo lago un paretone completamente nero, bagnato? no, nero. e roccia strana, stranissima, così inusuale, ma strepitosa, a liste, a onde, a tacche. Un microcosmo di roccia nera. A destra, oltre una cascata, non più di 50 metri e si torna alla grigia materia che compone il granito, come una spaccatura, un taglio, una cascata a dividere due mondi minerali. Un universo di roccia "strana", serizzo dicono si chiami. Un universo di serizzo. E tutto di dita, di tecnica. sembra di scalare su una lavagna come a scuola, e tiro per tiro, ti sembra di essere un gesso a lasciare una traccia, spesso una linea dritta, verso il bordo superiore della lavagna, cercando di non demeritare all'interrogazione. Ogni resting, uno soltanto a dire la verità, è come quando ti fermi a riflettere prima di scrivere una stupidaggine, dopo aver guardato il professore che ti guarda con lo sguardo un pò perplesso, come a volerti dire "....sicuro?", e subito si ricomincia, non si sente lo spiacevole scricchiolio, non c'è spazio per la penna rossa qui, non ci sono correzioni da fare. Ci si ferma, e ogni volta che la lavagna finisce, si ricomincia, con un altra equazione da risolvere. Ogni equazione ci si prepara, poi si inizia, ci si ferma a riflettere, e poi mano a mano che ci si avvicina alla fine, si comincia a vedere la soluzione, si può iniziare a scomporre, si và via più veloci, in armonia, due sesti diventa un terzo, otto decimi diventano quattro quinti, e il risultato finale è lì, appeso a una catena dove c'è la soluzione, dove c'è tutto, ma è un tutto solo relativo, riguarda solo noi stessi e quei pochi, intensi minuti della nostra vita.
Poi scendi, arrivi in fondo, riguardi la nera parete, e della tua traccia non trovi il segno, lo hai lasciato salendo ma poi, scendendo, lo hai cancellato, forse senza volerlo, e rimane solo dentro di te....in fondo la roccia, si sa, non ha memoria per le cose futili, ricorda solo dell'acqua, del vento, della pioggia, della terra smossa, del sole, della neve.
Ma quando, uscendo di nuovo da quel tunnel, torni di nuovo alla luce, alla realtà, al mondo, non senti lo "yeah", non c'è più la lavagna nera, sei uscito da scuola forse.....e ti chiedi dov'è il gesso, dov'è la tua traccia. Chi lo sa.
"The answer, my friend, is blowing in the wind"
Data: maggio 2011
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